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di Giuseppe Cultrera

Sembra una scenografia cinematografica la villa rurale che si staglia contro il cielo azzurro con le fabbriche color miele ricamate d’inserti floreali.

Qui a villa Fegotto il tempo si è fermato a più di un secolo fa quando il ricco e potente proprietario, don Evangelista Rizza deputato del Regno d’Italia, con i suoi campieri e la numerosa ciurma di operai e braccianti produceva oltre agli usuali cereali e mangimi per il suo allevamento, ottimi oli e pregiati vini che, imbarcati a Scoglitti, si avviavano verso i mercati d’Europa. Il frantoio dell’olio, con le sue macchine estrattive, il palmento e la grande cantina sono ancora lì a ricordarci una attiva e produttiva impresa agricola. A stupire, magari con l’accattivante e precisa narrazione di Alberto Angela, un vasto e lontano pubblico televisivo.

Marianna Ucria, il commissario Salvo Montalbano, il principe Giacomo Uzeda, o meglio le loro personificazioni filmiche, aleggiano nei viali del giardino e nell’ampia corte di basole bianche, si appoggiano alla ringhiera del ballatoio, incedono per la briosa scalinata.

Esaurita la funzione di presidio della produzione agricola, Villa Fegotto si declina  (grazie all’intelligente recupero da parte della famiglia D’Avola) quale archivio di memorie, di storia e cultura iblea.

Fotografie di: Giulio Lettica e Max Zambelli (banner)

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