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di Nunzio Spina

Ogni anno, il 12 di maggio, il suo volto scarno e caritatevole torna in primo piano sulle cronache del mondo intero. Omaggio eterno a Florence Nightingale, pioniera e fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, che nacque proprio in quel giorno di metà primavera del 1820; per celebrare la “Giornata internazionale dell’infermiere”, istituita circa mezzo secolo fa, la scelta della data si rivelò quanto mai significativa.

La giovane Florence Nightingale in una illustrazione dell’800

C’è un marchio anagrafico italiano in questa ricorrenza; a dispetto del cognome, eppure indelebile. Nightingale venne alla luce a Firenze, e Florence fu il nome con cui la vollero chiamare i suoi genitori – entrambi inglesi – estasiati dalla bellezza del capoluogo toscano, dove avevano deciso di risiedere per un po’ di tempo. Suggestione dalla quale, in realtà, si erano già fatti prendere alla nascita della prima figlia, che era avvenuta a Napoli, e da qui il nome Parthenope.

Il padre William, come la madre, amavano molto l’Italia. Tanto che Florence nacque a Firenze e della stessa città prese il nome

Il viaggio alla ricerca di conoscenze ed esperienze nuove avrebbe fatto parte del patrimonio genetico di Florence, che in Italia tornò volentieri, dopo essersi stabilita nella terra di origine dei suoi, e non esitò poi a spostarsi in Germania, in Egitto o in Turchia, pur di inseguire i propri sogni. Da tempo sentiva il bisogno di dedicarsi alla cura delle persone malate; e la voce della propria coscienza – che lei, profondamente cristiana, considerava come una esortazione divina – la sosteneva in questo suo intento. Né moglie, né madre. Nella sua vita ci sarebbe stato spazio solo per il ruolo di infermiera.

Lontano da casa sarebbe avvenuto anche l’evento che avrebbe dato la svolta decisiva alla sua missione: Guerra di Crimea (1853-1856). Con trentotto infermiere volontarie da lei stessa addestrate, la Nightingale partì alla volta di Istanbul, dove era stato allestito un ospedale militare della spedizione britannica. Si mise alla testa del gruppo senza risparmiarsi, vicino ai malati e ai feriti, col calore della sua bontà d’animo, ma anche col rigido distacco del suo spirito indagatore. Si narra che durante la notte, con una lampada in mano, si accostava al capezzale dei ricoverati per controllarne le condizioni. Ciò che le è valso il soprannome di “The Lady with the lamp”.

Fu soprannominata “The Lady with the lamp”

In quelle corsie c’era soprattutto un problema di sovraffollamento; aggravato peraltro dalla maniera con cui veniva trascurata l’igiene di persone e ambienti. Se a tutto questo si aggiungeva la carenza di farmaci e attrezzature, oltre che di medici e di infermiere (queste ultime spesso relegate a compiti da inservienti), era inevitabile che le morti per infezioni o per debilitazione superassero di gran lunga quelle dovute alle ferite riportate in guerra. Solo i puntuali e drastici rapporti ufficiali della Nightingale spinsero le autorità inglesi a prendere provvedimenti.

Al rientro in patria, Florence stilò una relazione, nella quale venivano innanzitutto stabiliti i requisiti essenziali che una struttura ospedaliera doveva possedere per essere considerata un salutare luogo di cura: aria e ambienti puliti, acqua pura, luce, rete fognaria efficiente. I princìpi che al giorno d’oggi ci sembrano ovvii, allora rappresentavano posizioni da conquistare.

Florence nel 1870

L’era della nuova professionalità aveva avuto inizio. Si diventava infermiere per studio, addestramento e applicazione. E una volta tanto, nella evoluzione della storia, sarebbe toccato agli uomini conquistarsi spazi e considerazione, per lungo tempo appartenuti esclusivamente alle donne. Da icona del femminismo, Nightingale sarebbe stata così celebrata come la genitrice di una intera categoria di lavoratori. Un simbolo per tutti, una figura che ogni anno nella giornata del 12 maggio – e ancor più in questi tempi di pandemia Covid – ci ricorda la loro funzione, preziosa e insostituibile.

Florence a centro, tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900

Firenze, avendole dato i natali, ha pensato bene di onorarla con una statua in marmo di Carrara, che si trova nel complesso monumentale della Basilica di Santa Croce. L’opera raffigura la giovane Florence con vestaglia e velo da infermiera, la mano destra che afferra quella lampada con la quale si aggirava di notte per stare vicino ai feriti della guerra di Crimea. La lampada del conforto e della speranza, che tutti gli infermieri avranno il privilegio e il dovere di tenere sempre accesa.

Il monumento eretto in suo onore a Firenze nella basilica di Santa Croce
Francobollo emesso lo scorso anno, in Italia, in occasione del bicentenario della nascita e dell’Anno internazionale dell’infermiera, come proclamato dall’OMS

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